L’amore è un ingarbuglio tremendo!


Da quando ho il diario, c’è sempre un nuovo ricordo alla soglia della memoria, un pensiero, un sentimento, una riflessione che vuole essere scritta. Oggi, è ancora di scena l’amore. Eccolo qua, ritorna in mente Sandro, il primo ragazzo cui ho voluto bene. Lui è belloccio, un tipo niente male, biondino con gli occhi azzurri, alto e di corporatura media. La sua caratteristica principale, però, non è la bellezza, ma l’originalità.

Veste in maniera moderna e anticonformista con jeans, camicie colorate, giacconi corti, pantaloni aderenti e stivaletti con il tacco alto. Sandro è stato il primo che mi ha fatto battere il cuore. Quando lo incontravo, le pulsazioni cardiache diventavano più frequenti e intense, la testa mi girava e provavo un’insolita morsa allo stomaco. Era tutto un susseguirsi di tonfi al cuore, aritmie cardiache e respiri affannosi che mi intontivano, fino a ubriacarmi e scombussolarmi dentro. Ero ubriaca d’amore e troppo ossigeno.

Le emozioni erano talmente intense e inspiegabili che, un po’ alla volta, tutto quello scombussolamento finì col trasformare tanto amore, in altrettanta avversione. Incominciai a respingerlo e, persino, a odiare il suo nome, fino a quando mi convinsi, che era brutto e antipatico. Fu così, che ritrovai la mia pace e, non avendo ancora un diario, posi la parola fine sul retro copertina di un quaderno, su cui scrissi: «Sandro non è bello! Sandro è antipatico. Non capisco perché tutte le ragazze vogliano proprio lui».

Poi partii per Castro, e l’amore si affievolì. Qui, conobbi Fabrizio e m’invaghii di lui. Non ho, mai, capito, se anch’io gli piaccio. Del resto, la mia passioncella per Fabrizio, come pure l’amore per il corista di chiesa non le ho mai svelate. Preferisco tenere segreti i miei amori, soprattutto, perché le compagne, immancabilmente, s’innamorano dello stesso ragazzo che attrae me.

«Com’è possibile?» mi domando! Sembra quasi una regola: se un giovane piace a me, poi, interessa anche alla mia migliore amica.

Sandro attirava me, Carmen, la mia amica del cuore, e tutte le altre. Linda, una delle tante amiche, è innamorata persa di Fabrizio e lo rivela, a gran voce, al mondo intero. A dirla tutta, è un po’ stramba, sembra convinta che un sentimento dichiarato, sia pure unilaterale, dia qualche diritto sull’altro. Non credo che le cose stiano proprio così! L’affetto deve essere reciproco e i sentimenti vicendevoli e corrisposti, altrimenti amiamo un’impressione della nostra mente. In quel caso, l’amore è illusione e sogno. L’amore per Ottavio è più recente. È ancora in corso e, soprattutto, è dichiarato a tutti.

Che strano! L’amore è un ingarbuglio tremendo, un groviglio di emozioni belle e rovi pungenti, cuori spezzati e cuori palpitanti, febbri da cavallo e ceneri spente. Certo, se già adesso è così, sospetto che, questo caos, chiamato amore, mi darà parecchi grattacapi, quando sarò grande.

Dunque, dicevo del mio amore recente, – devo procedere con ordine e non deragliare troppo – Ottavio arrivò alla festa di maggio con Maria e se ne andò, con me nel cuore. Quella stessa sera, io m’invaghii d’Ottavio, ma fui attratta anche da Giuliano, mentre Luigino e Roberto si presero una cotta per me. Accidenti, i sentimenti sono strani! Tutti si piacciono. Tutti si attraggono. Poi, si respingono. Hanno paura. Prendiamo Giuliano, per esempio, lui mi fa sentire a disagio, perché è adulto e troppo figo! Accanto a lui, che mi osserva dall’alto in basso, e sembra trapassarmi con lo sguardo, senza vedermi, mi sento “piccolina”. Quando ci presentarono, la sera della festa, mi sembrò di scorgere sulle sue labbra un ghigno cinico, come a voler dire «che ci faccio io con te?»

E così, quello, che doveva essere un evento festoso, divenne un’infausta notte di maggio. Giuliano sembrava prendersi gioco di me, sia pure in maniera benevola, Ottavio non mi filava per niente, ero assediata da Luigino e dal suo amico bruttarello e, per sfuggire alla sofferenza, mi rifugiai in cortile. Trascorsi in solitudine l’ultima parte della serata, seduta sulla famosa scalinata, guardai il cielo e fissai meditabonda le stelle, una a una. Ritornai nella sala, proprio, quando la festa stava per terminare. Gli invitati erano andati via, quasi tutti, e di Ottavio non c’era più traccia. Che tristezza!

La tristezza fu seguita da un’ondata di odio e antipatia che m’investì, come una piena, fin dal giorno seguente, perché tutte seppero che avevo fatto conquiste, anche le compagne di classe.

«Ottavio è cotto di Michela!» immagino le malelingue che passavano parola, ancora prima che sapessi io stessa.

Maria incominciò a guardarmi male, non mi rivolgeva più la parola e Carla mi evitava, come la peste. Allora, ignoravo che quello era solo l’inizio!

Brano tratto dal romanzo di Giuseppina D’Amato, edito l’11 novembre 2014: Il mio tempo – Un’adolescente negli anni ’60, cap. 15, pag.   103 – 106, BookSprint Edizioni.

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